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Regolazione dei geni HLA di classe II associati alla celiachia nei pazienti con celiachia attiva e in quelli a dieta priva di glutinea

Progetto concluso

Mariavittora Laezza, Istituto di Genetica e Biofisica - CNR di Napoli

Borsa di Studio triennale

Studio sulla Celiachia
Area: Genetica

Scheda dello Studio
  • Numero del Finanziamento (Grant): 006/2019
  • Titolo: Regolazione dei geni HLA di classe II associati alla celiachia nei pazienti con celiachia attiva e in quelli a dieta priva di glutine.
  • Area Scientifica: Genetica
  • Durata: Progetto Triennale
  • Ricercatore Titolare: Dott.ssa Mariavittoria Laezza, Istituto di Genetica e Biofisica (IGB), CNR, Napoli.
  • Tutor (Capo Laboratorio): Dott.ssa Giovanna Del Pozzo, Istituto di Genetica e Biofisica (IGB), CNR, Napoli.
  • Collaborazioni: Dott. Antonio Rispo, Dipartimento Di Medicina Clinica e Chirurgica, Scuola di Medicina Federico II, Napoli, Italia

Pubblicazioni:

  • Farina F, Pisapia L, Laezza M, Serena G, Rispo A, Ricciolino S, Gianfrani C, Fasano A, Del Pozzo G. Effect of Gliadin Stimulation on HLA-DQ2.5 Gene Expression in Macrophages from Adult Celiac Disease Patients. Biomedicines. 2021 Dec 29;10(1):63. doi: 10.3390/biomedicines10010063. PMID: 35052743; PMCID: PMC8773327. https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/35052743/
  • Del Pozzo G, Farina F, Picascia S, Laezza M, Vitale S, Gianfrani C. HLA class II genes in precision-based care of childhood diseases: what we can learn from celiac disease. Pediatr Res. 2021 Jan;89(2):307-312. doi: 10.1038/s41390-020-01217-4. Epub 2020 Oct 29. PMID: 33122841. https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/33122841/
  • Mariavittoria Laezza, Laura Pisapia, Benedetta Toro, Vincenzo Mercadante, Antonio Rispo, Carmen Gianfrani, Giovanna Del Pozzo, Changes upon the gluten-free diet of HLA-DQ2 and TRAFD1 gene expression in peripheral blood of celiac disease patients, Journal of Translational Autoimmunity, Volume 8, 2024, 100240, ISSN 2589-9090,
    https://doi.org/10.1016/j.jtauto.2024.100240. https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S2589909024000108
 
Lo studio

Cosa si è voluto studiare e perché?

La malattia celiaca è un’intolleranza alle proteine del glutine contenute nel grano e alle proteine analoghe (prolamine) di orzo e segale, che colpisce individui portatori di determinati geni associati al rischio di sviluppare la malattia.

Sebbene i sintomi clinici siano molto variabili, in tutti i soggetti affetti si presenta un danno, sia istologico che funzionale, della mucosa del piccolo intestino, causato da una risposta infiammatoria al glutine. Ad oggi, l’unica terapia possibile è la dieta priva di glutine.

I geni HLA-DQ2 e HLA-DQ8 sono i maggiori determinanti genetici, in quanto contribuiscono per il 18% alla predisposizione genetica nel paziente con celiachia, non essendo ancora stati identificati altri fattori genetici associati. Tuttavia i geni HLA-DQ2 e HLA-DQ8 sono presenti in circa il 40% della popolazione generale, e gli individui che li portano nel loro corredo cromosomico non svilupperanno necessariamente la malattia. Il genotipo HLA-DQ2 è presente all’incirca nel 95% dei pazienti affetti e il genotipo HLA-DQ8 solo nel 5%.

Proprio in questo scenario, il principale scopo del progetto è stato quello di studiare come sono regolati, i geni di rischio HLA DQ2/DQ8 rispetto agli altri geni HLA non strettamente associati alla patologia, nel paziente celiaco durante la malattia attiva e durante la fase di  remissione della  dieta senza glutine.

In particolare, si è voluto capire se il livello di espressione dei geni di rischio HLA-DQ2 nelle cellule del sangue di pazienti affetti da celiachia attiva è la stessa di quella prodotta nelle cellule dei pazienti a dieta di glutine, con lo scopo di verificare e misurare l’incidenza dell’ingestione di glutine sull’espressione di questi geni.

 

La Metodologia

Una novità dello studio è rappresentata dal fatto che le analisi sono state condotte sulle cellule del sangue periferico, chiamate PBMC (cellule mononucleate del sangue periferico), quindi su cellule facilmente ottenibili direttamente da un semplice prelievo venoso, mentre la totalità degli studi ad oggi sono stati condotti su linee di cellule B ottenute da un lungo processamento delle cellule ottenute dallo stesso prelievo. Le PBMC contengono diversi tipi cellulari, tra cui i linfociti T CD4 (direttamente coinvolti nei processi immunitari, tipici della celiachia) e le cellule presentanti l’antigene.  Tra le cellule presentanti l’antigene sono incluse le cellule B, i monociti, i macrofagi e le cellule dendritiche, la cui funzione è quella di internalizzare l’antigene gliadina, e dopo averlo digerito, esporre sulla loro superficie cellulare i peptidi tossici. I peptidi della gliadina esposti sulla membrana formano   un complesso con le molecole HLA-DQ che “presentano l’antigene”.

Noi abbiamo studiato i geni HLA-DQ2 associati alla celiachia, definiti geni di rischio che producono le molecole HLA-DQ2 attraverso un intermedio che è l’RNA.

Sono stati coinvolti due gruppi di pazienti:

  • il primo gruppo è rappresentato da pazienti con celiachia attiva, cioè al momento della diagnosi;
  • il secondo gruppo è formato da pazienti a dieta priva di glutine da almeno sei mesi.

Lo stadio della malattia è stato valutato mediante determinazione del titolo degli anticorpi anti-endomisio (EMA) e anti-transglutaminasi (anti-tTG), che doveva essere positivo nel primo gruppo e negativo nel secondo. Per ogni paziente è stato effettuato un prelievo di sangue da cui è stata preparata la frazione di cellule PBMC e da queste sono stati estratti sia il DNA genomico che l’RNA totale. Il DNA è stato utilizzato per determinare il patrimonio genetico, mentre l’RNA è stato estratto per lo studio della regolazione dei geni.

Quali Risultati e Quali Conclusioni?

I risultati ottenuti hanno mostrato che:

1) i geni HLA di rischio associati alla celiachia (chiamati DQA1*05 e DQB1*02) producono più RNA dei geni HLA non correlati alla malattia, in entrambi i gruppi di pazienti (con malattia attiva e in dieta senza glutine). In termini scientifici si dice che i geni di rischio sono più ”espressi” di quelli  non associati alla patologia, e cioè che la quantità di RNA prodotta dai geni  predisponenti è maggiore di quella prodotta dai geni non predisponenti , in un rapporto del 70% rispetto al 30%, circa. Questo è un risultato innovativo perché, nei lavori precedentemente pubblicati, era stata studiata la quantità di RNA prodotta solo dalle cellule B del sangue. In questo studio abbiamo ampliato l’analisi alle PBMC, gruppo eterogeneo che include le diverse tipologie di cellule presentanti l’antigene, cioè i monociti, i macrofagi e le cellule dendritiche di cellule oltre alle cellule B.

2) le cellule presentanti l’antigene producono la stessa la quantità di RNA in entrambi i gruppi di pazienti, con celiachia attiva e a dieta priva di glutine. Questo risultato, indica che le PBMC del sangue dei pazienti a dieta priva di glutine hanno la stessa potenzialità di presentare gli antigeni tossici rispetto alle PBMC dei pazienti con malattia attiva.

Quindi la reazione del sistema immunitario che osserviamo nella celiachia attiva non dipende da una diversa regolazione dei geni HLA-DQ2 rispetto ai pazienti in dieta priva di glutine, ma è determinata dalla presenza dell’antigene nell’organismo, cioè dal glutine.

I nostri risultati, secondo cui le PBMC dei pazienti che seguono una dieta priva di glutine sono ancora in grado di presentare l’antigene, confermano quindi la buona pratica terapeutica secondo cui anche quando gli anticorpi si negativizzano è necessario e fondamentale continuare la dieta e non reintrodurre il glutine. Infatti, l’espressione dei geni di rischio che portano alla risposta immunitaria con distruzione della mucosa intestinale è la stessa anche nei pazienti a dieta. Pertanto, solo la dieta priva di glutine, seguita con attenzione e per tutta la vita, determina la remissione dei danni alle mucose e la sierologia negativa. Infatti, se il glutine è reintrodotto, le cellule T reattive al glutine, essendo dotate di memoria immunologica, consentono al sistema immunitario di ricordare gli antigeni con cui sono entrate in contatto la prima volta, e reagiscono in maniera più rapida e intensa.

 

Quali prospettive e quali benefici per i pazienti?

È noto che le malattie autoimmuni sono determinate da fattori genetici predisponenti e da fattori ambientali. Il presente progetto si è concentrato principalmente sulla genetica e ha prodotto risultati riguardanti l’espressione dei geni HLA di rischio, cioè quanto un gene è acceso o spento. Per il paziente non è importante solo  possedere determinati geni di rischio, ma il fatto che questi geni producono molto RNA rispetto ad altri geni non associati. Quindi, sarà necessario investigare sulla struttura del DNA cui appartengono i geni HLA predisponenti per comprendere quale è il meccanismo molecolare che ne regola l’espressione. La ricerca di base ha proprio la funzione di investigare sulle molecole e sui processi metabolici che determinano l’instaurarsi dello stato infiammatorio in celiachia, premessa indispensabile per procedere all’identificazione della cura.

Eventuali sviluppi futuri del progetto

L’obiettivo ambizioso rimane quello di progettare un metodo diagnostico che consenta di prevedere il livello di rischio dei geni predisponenti di un soggetto portatore. Per arrivare a questo sviluppo futuro è necessario determinare non solo il genotipo (cioè, l’insieme dei geni) ma anche la quantità di RNA prodotta dai  geni HLA predisponenti la celiachia. Questo obiettivo verrà perseguito attraverso il reclutamento di soggetti sani, soprattutto i parenti di primo grado dei pazienti, che hanno lo stesso genotipo.

Precedenti pubblicazioni indicano che la quantità di RNA dei geni HLA di rischio prodotta dai pazienti celiaci è maggiore di quella prodotta dai controlli sani. Se il tutto verrà confermato anche sulle cellule del sangue periferico (PBMC), si potrà lavorare attivamente alla progettazione di un nuovo metodo diagnostico che determini non solo il genotipo (DNA) ma anche l’espressione dell’RNA, e che quindi consenta una diagnosi precoce della malattia celiaca.

Non da ultimo, nel corso del progetto è stato anche identificato un RNA non codificante, cioè che non produce proteine, ma che potrebbe essere coinvolto a sua volta nella regolazione della produzione degli RNA di rischio e quindi della molecola HLA-DQ2. Proprio per questo, la nostra ipotesi di lavoro è che tale RNA non codificante, se validato, possa rappresentare un importante bersaglio terapeutico. Ulteriori esperimenti sono in corso per sviluppare questa ipotesi di lavoro.

 

Legenda

Antigene: è una molecola in grado di essere riconosciuta dal sistema immunitario come estranea o potenzialmente pericolosa.

Genotipo: è il patrimonio genetico (insieme di geni) di un individuo

HLA: Il complesso dei geni codificanti per Human Leukocytes Antigen, localizzati sul braccio corto del cromosoma 6.

Linfociti T CD4: definiti anche T helper, sono cellule che hanno il compito di rafforzare la risposta immuntaria e determinare lo stato infiammatorio dell’intestino

PBMC: Cellule mononucleate del sangue periferico

RNA: è un acido nucleico coinvolto in vari ruoli biologici, quali la codifica, regolazione ed espressione dei geni, in particolare la sintesi proteica.

RNA non codificante: è una classe di RNA che non produce nessun prodotto proteico, ma che svolge una fondamentale azione di regolazione dell’espressione genica ed è coinvolta in processi biologici essenziali.

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